
Quando restiamo immersi a lungo in acqua — che sia nella vasca da bagno, al mare o sotto la doccia — compare un fenomeno tanto comune quanto affascinante: le dita si raggrinziscono, formando pieghe sottili e ordinate simili a piccole grinze.
Ma perché accade davvero? Fino a pochi anni fa si pensava fosse un semplice rigonfiamento della pelle, dovuto all’assorbimento di acqua.
Oggi la scienza ci racconta una storia molto più complessa.
Non è solo acqua: il sistema nervoso è coinvolto
Le rughe sulle dita non sono il risultato di un’azione passiva dell’acqua, ma una risposta attiva del nostro sistema nervoso autonomo.
Lo ha dimostrato uno studio pubblicato sul Journal of the Mechanical Behavior of Biomedical Materials, condotto dai ricercatori della Binghamton University (Stati Uniti).
Il meccanismo si attiva in questo modo: il contatto prolungato con l’acqua fa aprire i dotti sudoripari, permettendo l’ingresso dell’acqua negli strati superficiali della pelle.
Questo altera la concentrazione salina e provoca una vasocostrizione dei vasi sanguigni sotto la pelle, controllata da segnali nervosi.
Di conseguenza, si riduce il volume del tessuto sottocutaneo, e la pelle si “accartoccia” formando le grinze.
Un adattamento evolutivo per migliorare la presa
Questo fenomeno non è un difetto: è un vantaggio evolutivo.
Le pieghe migliorano la presa su oggetti bagnati o scivolosi, come avviene con il battistrada degli pneumatici.
Proprio come i canali su una gomma facilitano l’aderenza su strada bagnata, le grinze aumentano l’attrito e la presa delle dita in ambienti acquatici.
Gli scienziati hanno confermato l’ipotesi facendo immergere per 30 minuti le mani di un gruppo di volontari, fotografando e analizzando il cambiamento.
Il processo è stato poi ripetuto più volte, mostrando che le pieghe compaiono sempre in modo simmetrico e prevedibile.
Ma il dato più significativo è arrivato da un caso clinico: un volontario con danni neurologici al nervo mediano non ha mostrato alcuna formazione di grinze nelle dita colpite.
Questo dimostra che si tratta di un fenomeno neurologico attivo, e non puramente meccanico.
Perché questo interessa chi si occupa di analisi dell’acqua?
Anche un fenomeno apparentemente banale come la pelle che si raggrinzisce può essere un indicatore prezioso della relazione tra corpo umano e qualità dell’acqua.
Non parliamo solo di temperatura o salinità, ma di come le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua possano influire direttamente sui processi fisiologici.
Capire come l’acqua interagisce con la pelle, con il sistema nervoso e con i tessuti è fondamentale anche in ambito clinico e sanitario.
Un’acqua contaminata, eccessivamente clorata o sbilanciata nei sali minerali potrebbe alterare questi meccanismi, così come una qualità inadeguata dell’acqua in ambienti sanitari o collettivi può influire su fenomeni di assorbimento cutaneo, stress cellulare e reazioni infiammatorie.
💧 Studiare l’acqua non serve solo per bere in sicurezza, ma per comprendere come essa modella ogni aspetto del nostro organismo.