Determinazione dei Parametri e dei Limiti Normativi nelle Acque Potabili

Principi scientifici e quadro normativo italiano

1. Introduzione

Bere acqua sicura non è un fatto scontato.
Dietro il semplice gesto di aprire un rubinetto c’è un complesso lavoro di monitoraggio, valutazione e controllo.
La qualità dell’acqua potabile è regolata da leggi precise che stabiliscono quali sostanze vanno controllate (parametri) e qual è il loro livello massimo accettabile (limiti).
Questi valori non vengono scelti “a caso”: sono il risultato di studi scientifici e di valutazioni che tengono conto di diversi aspetti, tra cui:

  • i possibili effetti tossici o cancerogeni delle sostanze;
  • la somma dell’esposizione nel tempo (non solo un bicchiere, ma tutta la vita);
  • le ricerche epidemiologiche sulle popolazioni;
  • i rischi specifici per le persone più vulnerabili, come bambini, anziani o immunodepressi;
  • la capacità tecnica dei sistemi di trattamento dell’acqua;
  • la sostenibilità economica delle misure di controllo.

In Italia il quadro legislativo si basa principalmente su:

  • la Direttiva (UE) 2020/2184, valida per tutti gli Stati membri;
  • il Decreto Legislativo 18/2023, successivamente aggiornato e migliorato dal D.Lgs. 102/2025.

2. Il quadro normativo attuale

2.1 Direttiva (UE) 2020/2184

Ha ridisegnato la normativa europea con tre obiettivi principali:

  • garantire un alto livello di protezione della salute umana;
  • affrontare contaminanti emergenti come microplastiche e PFAS;
  • introdurre un approccio basato sul rischio con i Piani di Sicurezza dell’Acqua (PSA).
2.2 Decreto Legislativo 18/2023

Ha recepito la direttiva europea introducendo importanti novità:

  • nuove categorie di sostanze da monitorare (farmaci, microplastiche, sostanze emergenti);
  • obbligo di valutare il rischio lungo tutta la filiera, dalla captazione al rubinetto;
  • maggiore trasparenza e comunicazione verso i consumatori.
2.3 Decreto Legislativo 102/2025

Rappresenta il passo più recente e innovativo. Ha introdotto:

  • limiti più severi per i PFAS e altre sostanze chimiche persistenti;
  • controlli più rigidi sui materiali che entrano in contatto con l’acqua (MOCA), con il sistema ReMaF;
  • obblighi di autocontrollo più stringenti per scuole, ospedali e altre strutture “sensibili”;
  • la creazione della banca dati nazionale AnTeA, gestita dall’ISS tramite il CeNSiA.

3. Come vengono scelti i parametri

Non tutte le sostanze presenti nell’ambiente entrano automaticamente nelle liste di controllo.
I parametri da monitorare sono selezionati in base a:

  • documentato rischio sanitario (es. microbi patogeni, piombo, arsenico);
  • frequente presenza nell’ambiente (es. pesticidi, PFAS);
  • disponibilità di evidenze tossicologiche ed epidemiologiche;
  • possibilità reale di analizzarli con strumenti affidabili;
  • linee guida di organismi internazionali come OMS, EFSA o US EPA.

4. Come si fissano i limiti

4.1 I valori di riferimento

La base scientifica è la “dose soglia” oltre la quale una sostanza può causare effetti dannosi.
Alcuni indicatori usati sono:

ValoreSignificato
ADI (Acceptable Daily Intake)Quantità di sostanza che si può assumere ogni giorno per tutta la vita senza rischi significativi
TDI (Tolerable Daily Intake)Dose tollerabile, usata per sostanze presenti nell’ambiente
NOAEL/LOAELDose senza effetti osservati / dose più bassa con effetti osservati
BMDLDose derivata da curve dose-risposta (modelli statistici)
4.2 La formula semplificata

Per tradurre questi valori in un limite per l’acqua, si usa una formula che considera:

  • peso corporeo medio;
  • quantità d’acqua bevuta ogni giorno;
  • percentuale di esposizione attribuita all’acqua.

Esempio:
Se il TDI è 0,0005 mg/kg/giorno, per una persona di 70 kg che beve 2 litri d’acqua al giorno e attribuendo all’acqua il 20% dell’esposizione, il limite calcolato è 3,5 µg/L.

4.3 Fattori di sicurezza

Per essere prudenti, i limiti vengono abbassati applicando “margini di sicurezza” che coprono:

  • differenze tra animali e uomo;
  • variabilità individuale;
  • mancanza di dati sufficienti;
  • possibili effetti combinati con altre sostanze.

5. Alcuni esempi concreti

  • PFAS: sostanze chimiche persistenti, usate in impermeabilizzanti e schiume antincendio.
    Sono bioaccumulabili e possono danneggiare fegato e sistema immunitario.
    Dal 2026 il limite in Italia è di 0,10 µg/L (somma dei principali PFAS).
  • Piombo: metallo pesante neurotossico, pericoloso soprattutto per i bambini.
    Il limite è stato abbassato a 5 µg/L.
  • Nitrati: presenti soprattutto in aree agricole. Possono causare metaemoglobinemia nei neonati. Limite: 50 mg/L.

6. L’approccio integrato al rischio

La normativa europea e italiana non si limita più a stabilire “quanto c’è dentro l’acqua”, ma chiede anche di analizzare “come l’acqua arriva al rubinetto”.
Per questo sono stati introdotti i Piani di Sicurezza dell’Acqua (PSA), che richiedono:

  • valutazione preventiva di ogni fase del sistema idrico (captazione, trattamento, distribuzione, impianti interni);
  • monitoraggio dei contaminanti emergenti;
  • analisi delle interazioni tra sostanze (effetti sinergici).

7. Conclusioni

Definire i parametri e i limiti dell’acqua potabile è un lavoro che unisce scienza, salute pubblica e tecnologia.
Non si tratta solo di numeri su una tabella, ma di un processo che:

  • valuta rischi sanitari sulla base di studi epidemiologici e tossicologici;
  • integra considerazioni tecniche ed economiche;
  • si aggiorna costantemente con le nuove scoperte scientifiche.

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 102/2025, l’Italia si è allineata alle migliori pratiche europee, con regole più severe e strumenti di controllo avanzati.
L’obiettivo è semplice ma fondamentale: assicurare a tutti un’acqua davvero sicura e di qualità.

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